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VII
I Reverendi
I Reverendi
Eccomi adunque segregata per un tempo indeterminato da quella società, nel cui commercio aveva vissuto vent’anni: eccomi sbalestrata d’un tratto nelle angustie d’un mondo negativo, nell’intimo e giornaliero contatto di monache, di monaci, di preti.
Profitterò io di questo naufragio, per indicare al lettore alcune spiaggie forse non ancora esplorate, per rilevare alcuni tratti della vita claustrale infino ad oggi rimasti inaccessibili a tutt’altri che ad una donna? Mi proverò.
Ma prima di dar seguito al mio racconto, nelle peripezie del quale avranno parte rilevantissima il despotismo clericale e la monastica depravazione, discara al lettore non sarà, mi lusingo, una breve prospettiva degli stabilimenti ecclesiastici, esistenti nella nostra penisola in generale, ed in Napoli particolarmente. Troppo strettamente alle mie Memorie si riferiscono le condizioni del clero regolare e secolare, tanto all’epoca in cui mi toccò soggiacere alla sua pressione, come pur dopo la nazionale rigenerazione, perché io non i reputi necessario premettere intorno a queste condizioni alcuni cenni, atti ad illuminar la scena sulla quale verranno a svolgersi gradatamente i seguenti episodi.
Conscia non meno della mia incompetenza che de’ limiti di questo scritto, non mi avventurerò di certo in critiche considerazioni sullo stato passato e presente del clero in Italia. Mio intendimento essendo soltanto quello di far vedere in una rapida prospettiva le spaventose proporzioni del morbo sociale che infesta tuttora la nostra patria, mi ristringerò all’autorità delle cifre, la cui eloquenza persuasiva può, sul pubblico criterio più di qualunque rettorica declamazione. Estratte essendo queste cifre da quadri statistici, da documenti officiali pubblicati nel corso degli ultimi vent’anni, può il lettore riposare sulla loro esattezza, naturalmente franca delle adulterazioni che lo spirito di partito suol interpolare.
Fatto incontrastabile. Posta mente alla superficie del territorio e alla popolazione, non v’è Stato cattolico, non cristiano, che possegga un sì gran numero di sedi vescovili, di preti secolari, di chiese, di monasteri, di monaci, di monache, quanti si noverano nel nostro paese. L’Italia, che ha il funesto privilegio di poter essere chiamata fra tutte le nazioni còlte d’Europa lo Stato levitico per eccellenza, presentavasi fino al declinare del secolo decorso sotto l’aspetto d’una vasta congregazione monastica. Il soffio secolarizzatore della moderna civiltà benché respinto e talvolta dissipato dall’azione combinata di due indigeni nemici avversi del pari all’emancipazione della coscienza e della ragione, dalla reazione del clero e dal politico despotismo, pure non mancò di penetrare poco o molto anche in questa contrada. Ma, malgrado le tacite rivoluzioni di principii e di costumi, che provocarono ne’ due secoli precedenti l’estinzione spontanea di parecchi ordini, e la fusione di più stabilimenti ecclesiastici in un solo: malgrado l’operosa sollecitudine con che l’occupazione francese, a’ tempi della repubblica, restrinse ai minori limiti possibili la mostruosa superfetazione del clero secolare, e soppresse, sì nel Piemonte che nell’ex regno borbonico, moltissimi monasteri (200 in circa nella sola penisola meridionale); malgrado i più recenti provvedimenti del governo italiano relativi all’estinzione graduale del monachismo, tuttavia l’Italia continua ad essere, come per lo passato, il paese levitico per eccellenza, ed è aggravata da tante prelature e gerarchie, da cotanto clero regolare e secolare, quanto sorpassa di gran lunga la necessità del religioso servizio.
Maggiore ancora è la proporzione per i monasteri de’ diversi ordini, siccome in un quadro comparativo nota uno de’ più accreditati organi della stampa francese. In Francia, a’ tempi or ora accennati, eranvi 1081 abbazie, di cui 800 d’uomini, e 281 di donne; e 619 capitoli, fra cui 24 di nobili donzelle.
Vediamo l’Italia! L’Italia, con poco più di 24 milioni di popolazione, contrapposta a’ 37 milioni della Francia, è coverta da 82 ordini religiosi, e da 2382 conventi: il che torna a dire ch’essa continua nel 1864 a possedere il doppio numero de’ conventi, che nel 1789 esistevano in Francia, paese notabilmente più grande e più popolato.
L’ingente cifra di questi 2382 conventi si spartisce così: 15.500 religiosi professi, 18.198 religiose professe, 4474 fratelli conversi e 7671 converse; in tutto 45.843 religiosi, ovvero la popolazione intera d’uno Stato inferiore della Confederazione germanica.
Ponendo in confronto, continua a dire il Débats, i beni del clero in Francia nel 1789 e quelli del clero in Italia nel 1864, troviamo che in Italia, tanto le corporazioni, quanto i vescovadi, le fabbriche, le prebende, ecc., godono d’una rendita, calcolata officialmente ad italiane lire 75.266,216, mentre il clero in Francia percepiva allora 133 milioni di sola decima, e le sue rendite potevano calcolarsi, senza esagerazione, un quarto di quelle di tutta la Francia. Del resto, allorché il decreto 2 novembre 1789 dichiarò proprietà nazionale i suoi beni, essi furono stimati un miliardo e cento milioni.
I beni del clero in Italia elevansi a quasi due miliardi, ossia un decimo meno del doppio di quello, che innanzi alla rivoluzione possedeva l’opulente clero di una delle più opulenti e potenti e popolose nazioni della terra!
Dalle cifre speciali passiamo ora alle generali. La complessiva enumerazione che segue, è tratta da’ computi statistici, or ora pubblicati dal Giornale officiale di Napoli.
«Il clero secolare e regolare in tutta l’Italia ammontava nel 1857-58 a 189.800 membri, cioè 1 su 142 laici! Della qual somma a cifre tonde:
82.000 nel Napoletano e nella Sicilia.
40.000 negli ex Stati Pontifici.
31.900 nell’Italia centrale.
16.500 negli ex Stati Sardi.
10.700 nella Lombardia.
8700 nel Veneto, ossia 2/3 di quanti ecclesiastici ne conteneva la sola Roma, che pur ne contava 12.000!».
Inoltre avevamo nella sola Italia 269 tra arcivescovi e vescovi, il che equivale a poco meno della metà delle sedi vescovili d’Europa, ed a niente manco che ad 1/3 delle sedi vescovili dell’intero orbe cattolico, le quali erano da 814 a 816.
A questa cifra di 189.800 ecclesiastici, dimoranti in Italia, volendo ora aggiungere gli altri della stessa nazione, che non vi dimorano, perché distribuiti nelle diverse missioni, ed arrogere eziandio i chierici dell’ordini minori, i novizi, le monacande, e la classe delle così dette monache di città, si avrà a numero tondo la totalità di 200.000 in circa, il che risponde a un ecclesiastico sopra 46 uomini adulti!
Considerata la statistica generale, veniamo finalmente a quella di Napoli.
Ecco come vent’anni fa eravi distribuito il clero secolare per qualità e per numero:
Arcivescovi | 3 |
Vescovi | 7 |
Capitolo de’ Canonici dell’Arcivescovado | 30 |
Collegio degli Endomadari | 22 |
Quarantisti della Metropolitana | 18 |
Cappellani della Real Cappella del Tesoro di S. Gennaro | 12 |
Capitolo de’ Canonici di San Giovanni Maggiore | 15 |
Parrochi dipendenti dall’Arcivescovado di Napoli | 43 |
Clero palatino, cappellani, titolari onorari e straordinari | 34 |
Sacerdoti | 3027 |
3211 |
Il numero delle parrocchie in Napoli somma a 50; quello delle chiese è di 257; delle Confraternite 174, delle Congreghe di Spirito 8, e delle cappelle serali 57.
In quanto poi al clero regolare di Napoli, siami lecito d’intercalarvi il quadro intero dell’enumerazione, formato all’epoca medesima, distribuito per ordini, per numero di monasteri, per sesso, per novero di persone, per qualità, ed ora estratto dal censo autentico, che intorno a quel tempo fu pubblicato dall’opera portante per titolo: Napoli e sue vicinanze.
Cliccare sulle immagini delle Tabelle, tratte dal libro, per averne l’ingrandimento.
Dall’insieme di questo censo risulta adunque come all’epoca della mia entrata nel monastero eranvi in Napoli persone, per voto religioso all’inerzia e al celibato dedicate, od in via di dedicarsi 6720 incirca, le quali ripartivansi nelle seguenti categorie:In quanto poi al clero regolare di Napoli, siami lecito d’intercalarvi il quadro intero dell’enumerazione, formato all’epoca medesima, distribuito per ordini, per numero di monasteri, per sesso, per novero di persone, per qualità, ed ora estratto dal censo autentico, che intorno a quel tempo fu pubblicato dall’opera portante per titolo: Napoli e sue vicinanze.
Tabella 3
Cliccare sulle immagini delle Tabelle, tratte dal libro, per averne l’ingrandimento.
Preti e chierici d’ordini religiosi | 3507 |
Monaci e novizi | 1767 |
Monache | 1094 |
Educande | 352 |
Alla quale cifra se vogliamo aggiungere le suore sparse ne’ diversi conservatorii e ritiri della città, e la classe delle converse, classe celibe per obbligo di professione se non per voto, e per computo approssimativo ammontante a più di 2000, avrassi la somma totale di 9000, indicante più della cinquantesima parte degli abitanti di Napoli, strappata allora dalla Chiesa alla cooperazione sociale e all’incremento della popolazione.
Uno sopra cinquanta! Misericordia! Quale epidemia, quale micidiale calamità ha mai decimato un popolo in proporzioni tanto incalzanti, e con siffatta permanente intensità!
Tre sole città d’Italia Roma, Napoli e Palermo contengono 30.000 cittadini de’ due sessi, stranieri al passato, nemici del presente, sterili all’avvenire della loro patria.
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